mercoledì 19 dicembre 2012

Accendete i camini...

..stendetevi sul divano e guardate un bel film, oppure un cartoon...godetevi il clima natalizio e poi aspettate che Santa Claus faccia cadere dal camino qualche dono per voi..siete stati buoni? Se non avete dubbi, restate pure accanto al camino ad aspettare il vostro regalo...potrebbe essere davvero scoppiettante. Merry Xmas..ho ho hooo...


martedì 11 dicembre 2012

il fumetto l'avete già letto! ROSSO INVIDIA


ROSSO INVIDIA(una storia inventata)presente anche su SPLATTERCONTAINER


“Pensavo che, almeno tu, avresti capito!”
“Capito cosa?” rispondo io, allibito.
Mi guardo attorno. Alle pareti della camera migliaia di foto, da tutte le angolazioni e le prospettive possibili,
di Marvio Ovridio, astro chitarristico in ascesa dell’alternative rock locale e nazionale. E, per inciso, mio amico da dieci anni.
Riesco a distogliere lo sguardo, e finalmente individuo, nella confusione di sagome ancora impresse nei miei occhi, quella reale di Silvia Derjaglin.
29 anni. Felina. Bella. Un maglione ed un pantalone nero che sembrano una seconda pelle.
È immobile, di fronte a me, ed i suoi occhi comunicano senza pudore il dolore che la mia espressione disgustata le ha provocato.
Si avvicina lentamente. “Credevo fossimo entrati in sintonia, dopo tutte quelle ore sulla chat. Sembrava tu capissi quanto male mi fa stare Marvio. Quanto sto male per il suo rifiuto.”
Ho visto Silvia per la prima volta quasi un anno fa. Faceva foto in tutti i concerti della città. Eccetto quelli della mia band.  Ah, vero…non ve l’ho detto. Anch’io suono. Anch’io rock alternativo. Ma io fatico ad emergere.
Mi ha subito ispirato amore ed odio. Anzi lussuria e repulsione. Una sensazione mai provata prima.
Il desiderio di scoparla ferocemente, misto ad un campanello di allarme che mi diceva di starle lontano.
Ma, naturalmente, come già altre 20 volte, Marvio m’ha fregato sul tempo.
Non che mi debba lamentare. Ho il mio pubblico.
Ma Marvio è sempre due passi davanti a me.
Con le donne. Ma anche con la musica.
Dopo molto poco la storia fra Marvio e Silvia, com’è abitudine per il chitarrista, s’è parecchio deteriorata.
Marvio s’è stufato.
Silvia è ancora dispersa in un turbinio emotivo per lui.
Da lì, da quel distacco, ho cominciato a chiacchierare con lei. Qualche parola dal vivo. Qualcosa in chat. Poi qualcosa in più. Inizialmente cercavo di convincermi di volerle essere amico. Ma sentivo una speranza forte come un’erezione dentro di me.
Battutine buttate li. Piccoli complimenti. Doppi sensi spiritosi.
Tutto sembrava funzionare.
Eccetto che Silvia ignorava la mia carriera di musicista. Quando le chiedevo della mia band, glissava sempre.
Mentre era sempre presente ai concerti di marvio. Ogni volta più affollati. Ogni volta con più riscontri.
Una serie di alti e bassi, che invece di scoraggiarmi mi eccitava sempre di più.
Poi, ieri, l’imprevedibile. Silvia mi invita a casa sua (che non è mica tanto vicina, sono quasi 50 km di macchina!). Vuole il mio giudizio, da fotografo dilettante, su una sua creazione.
Naturalmente mi sono imposto un serafico distacco dalla cosa. Un proposito di non illudersi sulla conclusione della serata.
Ma il mio basso ventre galoppava fantasioso ed incontrollabile verso le curve della fotografa maledetta.
Cosi, oggi, alle 18 come pattuito, sono di fronte casa sua. Aspetto quattro o cinque minuti prima di bussare, per non darle l’impressione di avere fretta. Sarebbe una pessima indicazione, anche sessuale.
Lei mi apre, con gli occhi da gatta, il suo sorriso sornione, ed il suo corpo sinuoso.
La seguo dentro casa, con il cervello che combatte contro la circolazione della pelvi.
3 minuti di convenevoli e decide di mostrarmi il suo “capolavoro”, come lo chiama lei.
Il mio sgomento deve essere palese, visto che lei aggrotta le sopracciglia mentre si avvicina.
“Dopo tutte le confessioni che ti ho fatto pensavo avresti colto il senso del tutto. La forza del sentimento e del messaggio!” dice lei con la voce diventata un sibilo.
Le confessioni! Già! Mi tornano in mente ora frasi come “lui non capisce quanto è importante per me.”, o “non sono tipa da arrendersi, saprò dimostrargli tutto.” . Insieme a concetti come “ossessivo-compulsivo” ed “omicida seriale”, che prendono corpo d’improvviso.
Ma la mia lingua è stata sempre più veloce del mio buon senso: “Non ti sembra un tantino eccessivo?”
E mi sono anche limitato. La parole giusta è folle.
“Esagerato?” chiede lei. Il tono, però, fa suonare il punto interrogativo come una ghigliottina.
Lei continua ad avvicinarsi lentamente. Ho paura.
Ho un’erezione e temo di pisciarmi addosso. Può succedere veramente?
All’improvviso, quand’è a due passi da me, lei si apre in un sorriso solare. Sembra che, dietro di lei, si sia accesa d’improvviso l’illuminazione della Tour Eiffel.
Persino il murales di foto sembra meno tetro.
“ E’ davvero cosi brutto?” mi fa, buttandomi le braccia al collo, ed avvicinando il bacino.
Il bisogno di mingere sparisce all’istante, mentre il mio pene guadagna due punti sullo Sclerometro di Martens.
“No. Brutto no. Anzi, ha un suo fascino…perverso.” Calco il tono sull’ultima parola. Lei scoppia a ridere. Forte.
E si toglie il maglione. Sotto non ha nulla. Solo i suoi seni. Proporzionati. Perfetti.
Per la prima volta da quando avevo 18 anni, temo di venirmi nei pantaloni.
Per distrarmi guardo le foto alle pareti. Provo un misto di vergogna ed esaltazione.
Come se fossi un traditore, ma anche come se mi stessi togliendo un grande sfizio.
Mi spoglia, continuando a ridere allegra. Si spoglia, guardandomi maliziosamente.
È un attimo.
Giusto il tempo di vederle la figa rasata e mi butta a terra. Mi è sopra. Sono dentro di lei.
Sa spingere. Sa farlo entrare tutto. Sto esplodendo ma non vengo. Non ancora.
Lei gode e ride.
Forte.
Entrambe le cose.
Mi bacia. Mi lecca. Ride. Fa ridere anche me. Mi fa gemere.
“Vengo” dice, con i muscoli del collo che si irrigidiscono e la voce spezzata. Lo ripete in crescendo.
“Anch’io! Oh cazzo..” . Grido la prima parte e mi manca il fiato alla seconda frase.
Sento la testa volare verso l’infinito.
Registro in automatico il suo movimento, mentre continua a gridare di piacere.
Un attimo dopo, spuntata dal nulla, una katana di almeno 40 cm è stretta fra le sue mani.
La vedo distintamente mentre mi infilza. Velocemente e facilmente, quasi fossi un cuscino. C’è sangue che zampilla copiosamente. Mi sembra di scorgere sangue rappreso sulla spada. Ma sarà l’offuscamento diffuso dei sensi.
Sto morendo, ma non sento dolore. Anzi. Godo. Godo come non mai.
L’orgasmo è fortissimo.
Ed il mio cervello gode ancora di più. Sto morendo come una vera rock star.
Titoli e servizi sui giornali e sulle tv garantiti.
La mia musica, anche se fino a ieri faceva cagare, diffusa ovunque.
La certezza che un meccanismo ben oliato funzionerà anche stavolta.
Diventerò una leggenda.
Limiti tecnici e dell’ispirazione scompariranno, sostituiti dalla vita bruciata in fretta.
Forse avrei dovuto morire un po’ prima.
Però cazzo che morte!! Altro che club 27!
Lei continua venire, un orgasmo dopo l’altro.
Io anche. Contrazioni continue.
Non so più quali siano spasmi e quali eiaculazioni.
Ci sarà un lago.
Comunque.
Lei, in ultimo sussulto, si butta in avanti, su di me.
La spada cade di lato.
Si appende ad una tenda dietro di me.
Che si strappa per il peso.
NO!
CAZZO NO!
NO!
DIO NON PUOI FARMI QUESTO!
NONONONONOO!
Nemmeno stavolta sono arrivato primo.
La testa di Marvio, già attorniata di mosche e di colore biancastro, mi guarda senza guardami.
PORCA PUTTANA MARVIO!
Mi hai fregato anche questa volta.
L’astro in ascesa muore in maniera orribile.
Più orribile del qui presente.
Ed in un trafiletto si parlerà di un amico della vittima, ucciso anche lui dalla squilibrata.
Un maledetto, dannatissimo, trafiletto.