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by Bernie Wrightson |
“Unico Indizio la Luna
Piena”, il cui titolo originale era “Cycle of the Werewolf”,
ovvero “Ciclo del Lupo Mannaro”, è unanimemente considerata una
delle opere minori di Stephen King ma non per questo deve essere
vista come un capitolo secondario o trascurabile della sua vasta
produzione letteraria.
L’opera nacque
inizialmente come singolare esperimento di calendario romanzato: per
ogni mese dell’anno vennero realizzati un capitolo, ad opera dello
stesso King ed un'illustrazione, per mano del disegnatore di fumetti
Bernie Wrightson, già creatore di “Swamp Thing”.
Il progetto, però, fu
presto abbandonato in favore di un volume dal formato classico, in
cui parole ed immagini destinate al calendario si fusero, dando vita
ad un’impronta narrativa più convenzionale.
La prima edizione di
“Unico Indizio la Luna Piena” fu data alle stampe nel novembre
1983 dalla casa editrice Land of Enchantment, come edizione limitata
con copertina rigida.
Nel 1985 il libro fu
stampato dalla Signet in versione paperback (con copertina
flessibile) e conobbe finalmente una diffusione capillare negli Stati
Uniti, a cui seguì un ottimo successo di pubblico.
In Italia il romanzo venne
pubblicato da quattro case editrici diverse: Longanesi, Salani, Tea
Due e Club degli Editori. Tutte le differenti edizioni contenevano la
riproduzione delle dodici tavole illustrate a colori ed in bianco e
nero, ad eccezione della versione economica della Tea Due,
completamente priva di immagini.
L’ultima edizione
italiana, risalente ormai ad oltre un ventennio fa, è divenuta nel
tempo oggetto del desiderio per molti collezionisti, in virtù della
sua difficile reperibilità.
In questo romanzo breve
Stephen King si incamminò su un sentiero per lui piuttosto inusuale:
abituato a creare situazioni e figure completamente inedite, stavolta
decise di misurarsi con una delle creature chiave dell’immaginario
horror, quella del lupo mannaro.
Sostanzialmente
intenzionato ad aggiornare una formula classica, come fece
precedentemente e con maggiore incisività con quella del vampiro ne
“Le Notti di Salem”, l’autore del Maine dette vita ad una
storia lineare, estremamente semplice, per certi versi lontana dalla
complessità narrativa dei suoi lavori degli anni ’70.
Calato a dovere in
un’atmosfera sospesa nel tempo, “Unico Indizio la Luna Piena”
assumeva i connotati di una novella macabra, dando vita ad un
episodio davvero singolare dal punto di vista formale nell'ambito
dei lavori di Stephen King.
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by Enzo Sciotti |
L’11 ottobre del 1985
uscì nei cinema degli Stati Uniti l’adattamento cinematografico
del romanzo, con il titolo “Silver Bullet”, ovverosia pallottola
d’argento. Il lungometraggio si classificò al 69º posto tra i
primi 100 film di maggiore incasso usciti nel 1985, con un introito
al botteghino americano superiore ai 12 milioni di dollari.
La pellicola fu
distribuita in Italia il 28 marzo 1986 col titolo “Unico Indizio la
Luna Piena”, lo stesso attribuito tre anni prima al romanzo: anche
qui la trasposizione riscosse un buon successo, classificandosi al
62º posto tra i primi 100 film di maggiore incasso della stagione
cinematografica italiana 1985-1986.
Diretto dall’esordiente
Daniel Attias, il film annoverava fra i suoi protagonisti un
giovanissimo Corey Haim, attore canadese purtroppo scomparso
prematuramente nel 2010, Gary Busey, Everett McGill, Megan Follows e
Terry O’Quinn.
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Everett McGill |
La trama del film non si
discostava troppo da quella del libro: ambientato nella primavera del
1976, narrava le vicende di Marty Coslaw, un ragazzino costretto
sulla sedia a rotelle che viveva con i genitori e la sua sorella
maggiore Jane a Tarker's Mills, una tranquilla cittadina rurale del
Maine.
Molto presto le loro vite
e quelle degli altri abitanti del posto si sarebbero trovate di
fronte ad una drammatica svolta, a causa di una serie di atroci
omicidi avvenuti durante le notti di luna piena.
Soltanto il coraggio dei
giovani protagonisti e del loro stravagante zio Red avrebbe permesso alla sanguinosa vicenda di trovare finalmente un lieto fine.
Il film, seppur in tono
minore, si inseriva con pieno diritto nel filone che grazie a titoli
come “Un Lupo Mannaro Americano a Londra” di John Landis,
“L’Ululato” di Joe Dante e “Wolfen – La Belva Immortale”
di Michael Wadleigh, aveva donato nuova linfa vitale al mito del
licantropo nei primi anni ’80.
Il
principale punto di forza della pellicola era rappresentato
dall’interpretazione magistrale del sottovalutato Corey Haim (Marty
Coslaw), perfettamente a suo agio in un ruolo non semplice. Sempre
spontaneo, naturale e genuino, riuscì a regalare al pubblico una
performance davvero degna di nota.
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Corey Haim |
Validi attori di contorno
come Gary Busey (il simpatico zio Red) ed Everett McGill (il
reverendo Lester Law), oltre alle buone musiche del bravo Jay
Chattaway ed all’elegante fotografia di Armando Nannuzzi, rendevano
il film un prodotto di sicuro interesse, compensando degli effetti
speciali supervisionati da Carlo Rambaldi non sempre efficaci.
Le locandine ed i
manifesti utilizzati per la promozione del film, al momento della sua
diffusione nelle sale italiane, furono realizzati dall'illustratore
Enzo Sciotti: la tavola principale del poster cinematografico venne
utilizzata anche per la copertina del libro.
Semplicità, eleganza
formale, lungimiranza nel casting, unite ad uno sviluppo narrativo di
stampo classico, erano gli elementi principali che decretarono il
successo di questa piccola fiaba del brivido, oggi punto di partenza
ideale per la riscoperta del sottobosco horror letterario e
cinematografico anni ’80 da parte delle nuove generazioni.
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by Bernie Wrightson |
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