RESA DEI CONTI A LITTLE TOKYO
(Showdown in Little Tokyo, 1991)
Il deflagrante fenomeno dei film di arti marziali occidentali,
innescato dai ninja movies ed esploso
con Jean-Claude Van Damme nella seconda metà degli anni ’80, non accenna minimamente a concludersi neanche con l’inizio del decennio successivo.
Non si tratta più di terremoti destinati a sconvolgere il panorama cinematografico mondiale,
ma di scosse d’assestamento di diversa entità, che non lasciano segni permanenti nell’immaginario collettivo ma divertono ed emozionano ancora i fans della prima ora, creando nuove icone del genere ed allargando la platea di appassionati.
Proprio in questa categoria va a collocarsi un prodotto scanzonato ma farcito con buone dosi di violenza come “Resa dei Conti a Little Tokyo”. Diretto con professionalità da Mark L. Lester, che conferma quanto di buono aveva espresso dietro la macchina da presa in “Classe 1984” (1982), “Commando” (1985) e “Classe 1999” (1990), il film è un valido esempio di action movie a caratterizzazione marziale, poggiato sul frizzante dinamismo di due protagonisti come Dolph Lundgren ed il compianto Brandon Lee.
Accolto tiepidamente nelle sale americane, questo titolo diviene ben presto uno dei più apprezzati sull’allora florido mercato dell’home video, facendo registrare incassi ragguardevoli.
ovvero dopo la prematura scomparsa di Brandon Lee nel 1993.
“Resa dei Conti a Little Tokyo” è un eccellente prodotto d’intrattenimento, confezionato con perizia e non privo di una certa originalità, grazie al fascino esotico della cultura giapponese che valorizza uno script solido ma certamente non brillante.
Girato a Los Angeles, precisamente nel distretto etnico nippo-americano di Little Tokyo, il film narra le vicende di Chris Kenner (Lundgren) e Johnny Murata (Lee), due poliziotti alle prese con uno spietato clan di Yakuza (criminalità organizzata giapponese) che punta ad introdurre su mercato locale una nuova droga, lasciando dietro di sé una scia di violenza e morte.
Nonostante la pellicola tragga uno dei suoi innegabili punti di forza dalla sinergia della strana coppia formata da Dolph Lundgren e Brandon Lee,
pare che in realtà i due attori nutrissero forti antipatie reciproche. Testimonianze dirette riferiscono ancora oggi come Lundgren non digerisse gli atteggiamenti da divo del giovane Lee, arrivando più volte a definirlo un «insopportabile arrogante, sempre intento a pavoneggiarsi in pose da fichetto». Nonostante tutto, il lavoro svolto sul set dai due attori, entrambi artisti marziali di primissimo livello, è veramente eccellente: Lundgren, eroe spinto da sete di vendetta, e Lee, spalla irriverente e spiritosa, interagiscono alla perfezione, valorizzando ogni singolo combattimento con spunti originali e magistrali esecuzioni.
il perfido capo clan Yoshida, interpretato dal sempre ottimo Cary-Hiroyuki Tagawa, è l’antica nemesi di Chris Kenner, un personaggio negativo fino all’eccesso ma mai caricaturale, un villain estremo consapevole e fiero della sua natura malvagia.
impegnata nel ruolo di Minako Okeya, una ragazza in fuga dal clan di Yoshida, destinata a trovare conforto e salvezza fra le braccia di Chris Kenner.
con tanto di scene di nudo dirette in modo impeccabile, dove però la Carrere si farà sostituire della prosperosa modella Tera Tabrizi.
Menzione speciale per l’indimenticabile scontro finale, in cui Lundgren e Tagawa danno un saggio nell’uso della katana, cimentandosi nella perfetta esecuzione di tecniche di spada nel bel mezzo di una festa popolare: una degna conclusione per un film avvincente e denso di quell’atmosfera elettrizzante che continuava a caratterizzare alcuni episodi di cinema marziale dei primi anni ’90.
Lyon.
BONUS:
(la logica dei film action: guardate questo video e poi ditemi se non era più saggio pagare il pizzo alla yakuza!)
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